A guardarsi in giro c’è da
mettersi le mani nei capelli. Camminano impettite e indispettite con groviglio
di puntute lame tra i pensieri e le parole, biascicando insopportabili frasi di
livore atavico. Ce ne sono tantissime, molte sono mie amiche, sia ben chiaro,
ma sicuramente non farete fatica a riconoscerle negli uffici, in ogni luogo di
lavoro, nella sala d’attesa del pediatra o del ginecologo, all’interno delle
vostre stesse famiglie. Parliamo di una categoria sociale singolare che va
gonfiandosi come il ventre della balena comprensivo di Giona, di tutti i
profeti biblici e gli dei dell’Olimpo: quella delle donne insoddisfatte e
divorate dalla sindrome di Candy Candy, di Bridget Jones, dell’abbandono, dal pensiero ormai diventato quasi dogma
imperativo alla luce del quale “l’uomo è un bastardo ed è tutta colpa sua”.
Punto.
Costoro fanno squadra compatta e
trasformano il concetto di delicato universo femminile in comitati di lamenti
vittimistici che paiono uscire direttamente dalle ovaie senza passare per la
ragione e il diaframma.
Sono creature pericolosissime.
Apparentemente timide e
incantate, sono capaci di tenerti bloccata al telefono per ore sull’assoluta
mancanza di sensibilità del marito, compagno, fidanzato o ex di tutti questi.
Capaci di vendette atroci come quella di impedire ad un padre di vedere i suoi
figli. Ad un uomo innamorato di rifarsi una vita. Capaci di raffinatezze
persecutorie al cui confronto le piaghe d’Egitto escogitate dal Buon Dio
sembrano ostacoli di media difficoltà. Capaci di barattare la propria dignità
con un assegno mensile di mantenimento (quando non necessario). Capaci di
svendere la propria prole sull’altare del ricatto affettivo più bieco.
Ora, a parte che io ritengo
sacrosanto il concetto per cui gli altri si comportano con noi come noi
permettiamo loro, e quindi esiste la corresponsabilità anche di un rapporto che
non funziona, e pertanto sarà vero che la persona con cui vivi non brilla di sensibilità
ma anche tu però a dilaniargli le palle ogni sera con le giaculatorie
dell’insoddisfazione, prova che ne so un negligè variopinto, oppure prova ad
andartene; a parte che effettivamente il maschio per natura e cultura è educato
in maniera diversa a cogliere sfumature del mondo (ma se allora è anche un
problema di educazione prendiamocela pure con noi stesse madri di figli maschi
cresciuti come piccole principesse “col” pisello. Per la cronaca, io ho
tagliato per ora la testa al toro generando una femmina.)
E’ che siamo state abituate per
millenni a darla via al primo celebroleso che ci dimostrasse un pò d’affetto,
che ci guardasse con l’occhio umido e lesso, e noi lì già pronte a stirargli la
divisa da cavaliere da indossare subito senza perdere tempo. E queste cose si
pagano prima o poi. Perchè la divisa gliel’abbiamo messa noi insieme al trucco
e ai cotillons. E quando la commedia non regge non è proprio colpa dell’uomo
bastardo (che magari è solo irresponsabile per avere accettato una parte non congeniale),
ma un po’ anche di tutta quella fatica tipicamente femminile, sprecata negli
anni a strofinare l’ottone per farlo diventare oro. Ma tant’è. Non è che magari
lo sapevi che era ottone e poi anche tu proprio oro non sei e quindi cosa vai
pretendendo??
Vedo invece tanti uomini gentili.
Certo la sorte ha riservato anche a me una buona dose di bastardi, ma in numero
decisamente inferiore a quelli che invece mi hanno resa più bella e più forte.
E anche i bastardi, diciamola
tutta, sapevo quanto lo fossero e forse proprio per questo mi ci trastullavo e
facevo finta di nulla vittima anche io della profezia “Io ti salverò, e qualora
non ci riuscissi godrò al pensiero del mio sacrificio votato ad una causa così
nobile come quella dell’amore impossibile”.
Vedo intorno a me uomini miti e
smarriti, spaventati da tanta arroganza e rivalsa spacciata per autonomia,
spesso sessualmente inibiti per l’aggressività di donne pretenziose. Ho
conosciuto uomini con moti d’entusiasmo e d’amore davvero commoventi. Straordinariamente
umani. Ho visto uomini ricostruirsi dalle macerie di fallimenti finanziari e
familiari, con un coraggio che spesso nella vita a me è mancato (e ho visto
anche donne farlo, con la differenza che di loro però si parla più spesso).
Vedo uomini che imparano ad essere padri senza che nessuno glielo abbia
insegnato mai, nonostante la paternità (al contrario della maternità) da una
generazione all’altra sia radicalmente cambiata e diversamente interiorizzata.
Padri mossi a volte dal dovere essere, è vero, ma molto più spesso e sempre più
spesso mossi dalla volontà di costruire spazi pensati per i propri figli.
Mi da sicurezza, per usare un
luogo comune, quella concretezza tipica della logica maschile, quella pacatezza
del non riuscire a fare quasi mai due cose per volta. M’inteneriscono certe
distrazioni, che non sono quasi mai superficialità, ma diverso modo d’intendere
le cose. Mi piace l’istinto che muove l’uomo nella sua tana, quella sua
fragilità che lo porta ad attaccarsi al nido come le cicogne.
Poi certo ci sono quelli proprio
carogne nel dna, e questo è un altro discorso e vale di solito per tutto il
genere umano, ma quando sono stata tradita o ferita, i colpi più indigesti mi
sono stati serviti dalle amiche o dalle colleghe, perchè da loro proprio non me
li aspettavo.
Ai malevoli che lo pensassero,
no, non sto cercando marito. Ne ho già uno. Una specie di invertebrato che
evolve verso forme più complesse riuscendo ad assomigliare ad un bradipo
intontito dal valium. Di solito arriva, si spalma sul divano assumendone forma
e colore, blu pervinca, e non emette suono per ore, qualsiasi cosa succeda.
Talvolta indosso il costume di Jessica Rabbit, talvolta mi si ammosciano le
orecchie come Roger Rabbit, ho provato con la cucina e la seduzione. E si che
ci provo a spiegargli delle mie solitudini, della fatica delle incombenze del
quotidiano, ma questa volta ho deciso. Dopo avergli sfracassato tutti i giochi
della x-box 360, e avere tagliuzzato la scheda sky, ho fatto la valigia. Me ne vado
con la prole. E naturalmente non gliela farò vedere più.
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