Di recente ho assistito in FB alla querelle
tra un amico e un suo presunto amico. Ad un certo punto il presunto
amico rinfaccia all'altro di essere stato buttato fuori dalla compagnia
per non so quali presunti torti. La cosa mi ha fatto riflettere. Se si
trattasse di adolescenti, anche tardo adolescenti, la cosa sarebbe
normalissima, un rito di passaggio cui è impossibile sottrarsi, il
cerchio chiuso, il branco etc. Ma il
caso in questione riguarda persone che hanno superato da diverse lune la
fase "ciccia e brufoli", e quindi è anomalo sentire dire da un adulto
"sei stato buttato fuori dalla compagnia" quasi che la "compagnia" sia
l'unico metro di socializzazione. Rimanda ad una prospettiva della vita
in cui individui adulti, lontani dall'unica forma di apparentamento che
ha dominato per secoli, cioè la famiglia e le sue tradizioni, si
apparentassero sull'onda di un vuoto da colmare, - la cena, l'happy
hour, l'inaugurazione di un nuovo locale, l'essere tifosi di una squadra
piuttosto che un'altra-. In tali gruppi si intersecano diverse passioni
tra persone che non condividono di fatto un valore, ma un vuoto a cui
dare valore, e si vengono a creare sia nel web che fuori, i medesimi
giochi di ruolo in cui esiste un presunto leader, un gruppo di sostegno,
che se la canta e se la suona e che induce (talvolta in maniera
ambigua) il membro non in sintonia ad andarsene. E' la società che
scorre veloce, conoscenze approssimate su una medesima scala di pseudo
valori, una botta e via, non mi piaci più ti banno, o ti evito per
strada, così senza un perchè, o solo perchè non confermi più la mia
identità di ruolo, dando ragione alle mie presunte certezze. Questo mi
appesantisce l'anima.
*PS: la focosa interazione è nata da una
considerazione giudicata blasfema e irriverente sul mondo del calcio, i
calciofili, da presunti tifosi che non hanno potuto sopportare che ci
fosse, perfino, gente a cui di tale materia non solo non ne potesse
fregare un beato cazzo ma giudicasse il fenomeno roba da terza media.
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