lunedì 11 marzo 2013

Se non ora quando. Ma perchè?

Leggo di un ennesimo personaggio tv, molto radical chic, che pubblica un libro. Di ricette? No. Donne morte. Che è diventato comunque il pane attraverso cui media e tv hanno imparato a nutrirsi. Panem et circenses, quindi, meglio se irrorato di sangue scarlatto in piena reminescenza latina.
Ora, io non ho niente contro questa meta fenomenologia che si ricollega ad un'altra fenomenologia: cioè quella della violenza. Figuriamoci ne parlo da tempo. Ma vorrei spiegare perchè guardo con diffidenza a queste voci che dalla nascita del movimento "Se non ora quando?" sono spuntate come funghi e dalle quali non mi sento rappresentata. Tutte grandi donne, per carità passando per le Dandini, Comencini, Caputo, e tutte le attrici, scrittrici, sceneggiatrici che conosciamo come autrici a sostegno di questo movimento.
Innanzitutto non mi rappresentano, perchè costituiscono un enorme fallimento culturale e sociale. A sessant'anni suonati, dopo avere sdoganato senza mai fiatare un pessimo cinema, una pessima immagine femminile culturale, anche pessima letteratura, e per pessima intendo mai di denuncia, per strane coincidenze aspettano il declino totale della moralità, (subito dopo i fatti del bunga bunga), per rilanciarne un'altra. E se c'è una cosa che non può andare a braccetto con le istanze femministe, sicuramente è quel tipo di moralità. (e cioè l'essere donne perbene per non intaccare l'onorabilità dei maschi di casa).
Insomma a sessant'anni, dopo avere assistito impassibili ad una politica, all'industria dello showbusiness e ad un'economia pericolosissime per il solo fatto di avere ricondotto il femmineo in spazi ancora più pretenziosi (l'essere bellissime, giovanissime, professioniste di successo, ottime a fare i soufflè, e madri e mogli impeccabili), in una sorta di ideologia multitasking fallimentare, si riuniscono in un movimento senza riuscire ad attecchire davvero nelle più giovani. Perchè? Perchè non sento abbiano credibilità, perchè ci si chiede dove fossero sino ad adesso, e perchè non vadano a denunciare quegli aspetti macroscopici piccolo borghesi che ancora ammorbano l'anima di molti vissuti.
Il fatto è che forse, pur avendo risolto parecchi conflitti materni, non ci fidiamo delle nostre mamme, perchè sappiamo come ci hanno educate e come hanno educato i nostri fratelli, e non ci fidiamo di improvvise e nuove prese di posizione. Non sono credibili. Ed ecco la disaffezione delle più giovani.
Dall’altro lato non è possibile procedere senza una disanima critica e lucidissima sui nostri privati. Partendo per esempio dal lavoro domestico, che in Italia è un problema perchè non è condiviso all'interno di un nucleo familiare (le famose "cure parentali") e perchè ce n'è troppo da fare. E qui passo la parola ad una bravissima autrice:"Le norme borghesi che altrove appartengono solo a determinate classi sociali (che si possono permettere aiuti domestici di vario tipo), per cui la casa deve essere sempre lustra, la cera passata, l’argenteria lucidata, e due pasti caldi al giorno (magari con più di una portata) sono d’obbligo, sono da noi una pratica interclassista, ed è proprio questa la nostra maledizione.

Non possiamo pensare ad una vita più libera ed emancipata se continuiamo a pensare che tanti lavori domestici in realtà superflui ed accessori siano assolutamente necessari. E che cos’è questa, se non la critica di una norma sociale che crea forme di pressione informale oppressive – soprattutto, cosa ancor più problematica, esercitate spesso dalle donne sulle donne? Il problema, vale a dire, è che sono troppi gli ambienti sociali in cui avere una casa con un po’ di polvere, o dare una pizza surgelata per cena ai propri figli, non è socialmente accettabile. Ma forse questo dovrebbe indurre ad un po’ più di cautela anche in altri ambiti: forse esistono anche troppi ambienti in cui non avere sempre un aspetto giovanile ed impeccabile, o non mostrarsi sempre disponibile (anche sessualmente), escludono le donne dal gioco. Nel primo come nel secondo caso, questo non deve tradursi in un giudizio delle donne emancipate nei confronti delle schiave del pavimento che brilla piuttosto che del botox, bensì nel riconoscimento che creare atmosfere sociali in cui stili di vita diversi sono accettati non può non essere parte integrante del femminismo – e che questo non può avvenire solo tramite leggi ed istituzioni, ma ha bisogno di una pratica educativa e di trasformazione sociale anche più informale." (Cit. Valeria Ottonelli)
E se il problema della libertà di una donna, è ancora oggetto di discussione fra le pareti dell'autostima della donna stessa, se non ne siamo certe noi che deteniamo ancora nelle famiglie e nelle scuole autorevolezza educativa importante, se l'obiettivo da raggiungere è ancora quello della nostra convinzione, continueremo a contare il numero di donne ammazzate, picchiate, osteggiate, molestate, date per scontate. Non si scappa
.

Nessun commento:

Posta un commento