Lara Cardella racconta una storia -“Io non farò rumore” ed.
Barbera - che ricama la maglia dei sentimenti con un ago che si uncina alla
pelle, precipitando il lettore in un baratro in cui riconoscere da subito tutte
le trappole di un familismo culturale imperante e degli stereotipi forzati
delle dinamiche di coppia: dal fidanzamento, al matrimonio, alla genitorialità
e al divorzio. Fino all'esplosione rabbiosa e isterica in cui il vero nodo da
dipanare è il concetto del possesso e del controllo, in una relazione in cui
crudeltà e senso di rivalsa sull'"oggetto donna" perduto prendono il
sopravvento.
In mezzo, un bambino conteso e la forza di una madre, Mariella,
che non perde mai lucidità e fermezza, pagando poi con la perdita di sé il
proprio atroce dolore. Mariella, che non ricorda, dimentica se stessa, la sua
famiglia, ovattata dalle soffocanti attenzioni di parenti che vogliono
proteggerla (o forse proteggere se stessi dalla colpa di avere sottovalutato
situazione e segnali), Mariella che recupererà se stessa nel silenzio ma
parlando e ascoltando la sua voce tramite un registratore, alla ricerca della verità, incapace di accontentarsi
dei morsi di passato che tutti stanno attenti a porgerle senza mai dire nulla
per davvero.
Mariella che si svela e rivela in una forza che si
trasformerà in denuncia.
Perchè "Io non farò rumore" è anche una presa di
coscienza, una forte accusa sociale: di stalking, di molestie, di indifferenza,
dell’offesa che non potrà mai essere recuperata o addolcita, per quanto il
racconto rimanga sempre sospeso sul dubbio che Mariella nemmeno si accorga di
essere vittima di un abuso, ma anzi che in certi tratti ne sia stata
addirittura complice in alcuni momenti di devozione ipertrofica al marito. Il tutto senza scivolare mai nella presa di
posizione netta di una parte piuttosto che di un’altra: anche la figura del
coprotagonista Angelo, viene seguita con accoglienza possibilista, senza
vomitare torti e ragioni, senza usare toni di pancia retorici e assolutamente
inutili per spiegare il percorso psicoemotivo (e educativo) che porta a gesti
di violenza, spesso assolutamente prevedibili se solo ci fosse maggior
attenzione.
E’ una bella storia, questa, che parla a tutti di dignità e coraggio: dalla
parte delle donne certo, ma anche spunto di riflessione per tutti, donne
comprese, su quanto siano importanti l’attenzione e la condivisione.
Il testo poi si arricchisce anche di importanti cameo di
Francesco Aprile a cui va l’onore di introdurre ogni capitolo con alcuni suoi
versi che vanno ad intrecciarsi nella
narrazione rendedola ancora più intensa
di significati. A me è piaciuto
moltissimo.
cit.
"Ma non si può accendere un fuoco e non badare, poi, che non diventi un
incendio: brucia tutto e la colpa non è dell'erba che si trovava
attorno" (Lara Cardella)
"Ma dare amore alla pietra
lo sai, non basta a darle vita." (Francesco Aprile)
"Ma dare amore alla pietra
lo sai, non basta a darle vita." (Francesco Aprile)
Per il momento, dato che è un libro che ancora non ho acquistato, posso solltanto, attraverso una recensione così intrigante, profonda e dettagliata vivere la tua di emozione Patrizia, e attraverso le tue parole cominciare ad immaginare.... e poi... filo da Feltrinelli!
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