mercoledì 2 gennaio 2013

Cinquanta sfumature di sardo (ma anche meno!)


" La Sardegna ancora mi ricorda Malta. Persa tra Europa e Africa, appartiene a nessun luogo, non essendo mai appartenuta a nessun luogo. Alla Spagna e agli Arabi e ai Fenici, più di tutto. Ma come se non avesse mai veramente avuto un destino. Nessun fato. Lasciata fuori dal tempo e dalla storia.(D.H, Lawrence)"

E no, mio caro Lawrence, la Sardegna (che d’ora in poi definirò l’Isola per antonomasia) non è stata lasciata fuori dal tempo e dalla storia. Dalla storia ci sono arrivati praticamente tutti e in tutti i tempi (dai fenici  alle olgettine e i tronisti), e tutti siamo riusciti a mandarli via, certo, dopo avere permesso che facessero danni quasi irreparabili; ma gran parte della nostra fierezza e dignità è rimasta integra. Restano ancora un paio di cose da definire, che ne so, la continuità territoriale, inculcare per bene a tutti che non siamo coloni (questo è uno dei danni quasi irreparabili), le rivendicazioni del nostro statuto autonomo, ma sono certa che tra un paio di generazioni saremo a cavallo. No, non quello della Giara di Gesturi. Quello, insieme ai fratellini, lo lasciamo ai turisti e al trenino verde, stanno lì da secoli e guai a chi ce li tocca.

Questo è un piccolo vademecum per te, turista che arrivi e conosci solo Alghero, Santeodoro, Villasimius e La Pelosa. E il mare, certo, il mare che è una favola, uno spettacolo, ma dove lo troviamo un altro mare così.
Infatti, fattene una ragione, non lo troverai.
O lo troverai senza i sardi e ti perderai gran parte del divertimento.
Innanzitutto perché i sardi nascondono curiosità dietro badilate di diffidenza: girovagando di paese in paese, ti potresti ritrovare inchiodato alla sedia di un bar per ore, a bere, a giocare alla morra, ad indovinare che cosa significhino espressione locali. Loro dicono che lo fanno per ospitalità: invece vogliono sapere che cazzo ci sei venuto a fare nel loro paese. Conosci il codice barbaricino, per esempio? No? Imparalo, e in fretta. Potrebbero pensare che sei un giudice sotto mentite spoglie o peggio un maresciallo dei carabinieri. Una volta inebetito dall’alcool e tranquillizzatisi che sei veramente un turista, ti trascineranno nelle loro case dove potrai trovare vitto e alloggio e musica. Il vitto non è male, ci mancherebbe. Enormi freezer a pozzo nascondono nelle cantine quintalate di ravioli e malloreddus fatti in casa (le donne del luogo vivono con l’incubo dell’ospite improvviso e ne producono quantità industriali, perché non si sa mai), mentre dai soffitti pendono salumi in stagionatura o stagionati che vengono subito lavorati per permetterti di assaggiarne un po’, quei due o tre chili prima di pasto, insieme ad un quarto di forma di pecorino che non si nega a nessuno, neppure ai carabinieri.
Poi, ci sono le sagre, le processioni, i costumi variopinti, Su Ballutundu, e il piri piri delle launeddas. E non ridere che le launeddas sono cosa seria. Ci vogliono canne speciali, da lavorare in modo speciale, e un esercizio pauroso per emettere quella melodia. Un suonatore di launeddas ha le guance come quelle di Louis Amstrong mentre suonava la tromba.
I sardi hanno rapporti conflittuali con il mare e con il continente che è un luogo lontano: perfino un non luogo parafrasando Augè (un antropologo francese, nulla di che). E la cosa divertente è che il sardo misura le distanze in base alla sua isola. E se, faccio per dire, il viaggio Cagliari Sassari gli sembra un’odissea, tanto da fargli venire voglia di riempirsi di vernaccia una borraccia, e la bisaccia di pane carasau e pecorino, rincorrendo le origini ataviche della transumanza, una volta in continente il concetto della distanza si resetta e tutto sembra a portata d’auto. Non è difficile sentire dire “Mah, una volta che eravamo a Torino, siamo andati a Bari, tanto eravamo già lì”.
Lì dove??
Ma poi, caro Lawrence (e caro turista), ti sei dimenticato di dire, che noi la storia l’abbiamo fatta: nessuno ci ha preso sul serio. Vorrei raccontarti di Eleonora D’arborea, pensa te, una donna, che alla fine del 1300 diventa giudicessa del Giudicato d’Arborea (veri gioiellini di democrazia), e aggiorna la Carta de Logu, promulgata dal padre, introducendo note significative a tutela delle donne, e dell’autonomia del popolo sardo, contro l’usura e molto altro ancora.. La Carta de Logu resterà in vigore fino al 1827, soppiantata dal codice di Carlo Felice (felice una beata fava).
Ecco, d’ora in poi, quando ti capiterà di sbarcare sull’isola, ricordati che stai passeggiando sulla terra dell’unico premio nobel donna della letteratura Grazia Deledda, dei tanti talenti letterari e artistici (bastano Gramsci, Fois, Niffoi, Murgia, Satta, Ledda, Antonio Marras e Modolo– stilisti internazionali – Gavino Sanna – pubblicitario - Benito Urgu, Andrea Parodi, e ci metto pure De Andrè che qui scelse di vivere, di Eleonora d’Arborea e tanti altri che mi sfuggono)?
E noi sardi, ce lo ricordiamo, che abbiamo la terra, il sole, il mare, e il genio che appartiene solo a noi e che ci permette di essere autonomi e di esportare valori e democrazia, perché la democrazia noi, lo stato di diritto, l’abbiamo imparato prima di tutti?

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