venerdì 28 dicembre 2012

Sensi di colpa, mica cotiche. A tutte quelle che s'immolano per amore, in amori che sembrano gineprai.

Al senso di colpa siamo abituate da bambine. Anche i maschi ce l'hanno.

E' il retaggio di un circa duemila anni di educazione cattolica che ha portato una variegata umanità a nutrirsene. Attraverso il senso di colpa si controllano il comportamento e le emozioni, e dove c'è controllo c'è ordine e non regna il caos.

Ora, la famiglia allargata è un pò caotica, sicuramente in Italia, forse meno in altre realtà, e per sopportare l'azzardo di una scelta tanto impopolare e sovversiva dell'ordine costituito arriva il senso di colpa.

Nei confronti di chi? Ma dei bambini, sia chiaro, teoria di tutta quella pedagogia esasperata che ha posto al centro delle nostre esistenze i bambini e i nostri relativi sensi di colpa nei loro confronti. I bambini, lo sanno bene gli artefici del marketing, fanno muovere il mercato, facendo leva su ogni tipologia di adulto, specie se vulnerabile e oppresso da desideri imposti dal consumismo che non può soddisfare, da dinamiche di lavoro di precariato che sfuggono al suo controllo, da rapporti umani insoddisfacenti nei confronti dei quali non ha adeguati strumenti di comunicazione.

Ci siamo inventati il Dio bambino. Lo usiamo, anche all'interno di famiglie tradizionali per NON comunicare con il coniuge, lo teniamo nel lettone fino alla prima masturbazione/mestruazione, rigorosamente in mezzo, gli compriamo cose per placare la nostra inadeguatezza e soprattutto gli attribuiamo traumi che sono nostri nell'impossibilità di risolverceli. Cerchiamo anche di sostituirci a lui nel dirimere acute controversie con i suoi amichetti dell'asilo, e ci attribuiamo l'onere di fargli fare seimila attività diverse per non lasciarlo indietro (rispetto a che? Rispetto alla nostra ansia da prestazione, naturalmente)

Proiettiamo su di lui anche la separazione.

I traumatizzati sono gli adulti e la sindrome dell'abbandono la vive l'adulto.

Il bambino lo vive di riflesso. In base a come lo vive l'adulto.

Il bambino, se mai, soffre della continua e pertinace anaffettività che vive in casa, quando i genitori cominciano a rivolgersi reciprocamente l'un l'altro con la mansueta e docile gestualità che si usa al Carnevale di Ivrea nel tirarsi le arance dai carri.

Il bambino fa pace presto col fatto che mamma e papà non si amano, tra di loro come Barbie e Ken, purchè Barbie e Ken rimangano genitori con vite separate ma entrambi ancora innamorati del bambino.

Non è facile, certo, ma non è impossibile.

La realtà la conosciamo tutte noi: ad un certo punto, donne che sono anche state normali, e che probabilmente non hanno mai dimostrato particolari devianze verso la crudeltà, si trasformano in Robocop ossessionati, incredibilmente incapaci di vivere senza un uomo tra i piedi, fosse anche quel componente d'arredo di basso livello che era il marito, preferendo portare più corna che un cesto di lumache pur di non subire questo spauracchio di abbandono. Accade anche il contrario, con uomini che bivaccano in casa giusto per avere le mutande pulite e le camicie stirate.

Questo dovrebbe essere l'agognato clima sano ed educativo per un bambino. Credo lo sappiano anche gli acari e le dermestidi delle nostre abitazioni che non è così. Ma ci piace pensarlo.

Perchè una vita libera costa, e il prezzo lo si paga in senso di colpa e isolamento. Prima. Ma ci si può liberare anche di quello.

Qui entra in gioco la matrigna, o la nuova compagna di papà.

Quella puttana, insomma. La signora di solito sbotta:" Ma perchè con lei è felice? No, lui deve soffrire, sia chiaro, tutto questo ha un senso solo se anche lui paga il prezzo della colpa, senza felicità alcuna". E' stupido ma l'ho sentito dire spesso.

Invece lui magari è felice, magari ha pure dei figli.E allora il delirio.Questi, di figli, non li vedrai più.Non sto qui a raccontare ciò che le mie orecchie hanno sentito in delicati casi di mediazione familiare, o come confidenze di amiche matrigne, nè a nausearvi con la mia personalissima storia. Mi permetto solo di ricordarvi un paio di cosette:

1) Amare un uomo, condividere la vostra vita con lui, è una benedizione sempre e comunque. Essere innamorati ricambiati è qualcosa che è sempre bene vivere. Ma nessuno vi obbliga o vi impone nessun tipo di rapporto con i parenti di lui, se non ce la fate. E la collaborazione dev'essere di tutti. E, fra tutti, voi siete quelle che devono farsi il culo meno di tutti, sia chiaro. Non dovete dimostrare nulla a nessuno. Per il solo fatto di esservi innamorate di un uomo con qualche problema in più (e che problema) avete dimostrato di avere un cuore già mediamente più grande della media. Tanto basta.

2) I bambini violentano sottilmente gli adulti col ricatto. Cedere ad un ricatto non significa nè educare nè volere bene. Non si ama nessuno nè per forza nè per senso di colpa, ma perchè anche, un pò quel qualcuno se lo merita come persona. I bambini andrebbero educati all'amore, in questo senso, a sforzarsi di essere migliori per meritarsi la fiducia e la stima degli altri. I figli di genitori separati  sono spesso mediamente più pretenziosi con tutti, ma non perchè vivono chissà quale trauma, ma solo perchè sono abituati a vedere soddisfatto ogni capriccio, a prescindere, perchè "sai poverini, soffrono tanto". Per la serie, nella vita mi comporto come cazzo voglio, tanto mamma papà, i nonni gli zii, i vicini di casa e anche il gatto scattano quando io attacco col vittimismo.

3)Cedere ad un ricatto significa anche che non mi rispetto come persona, perchè se sono ricattabile vuole dire che mi sento in colpa, e se mi sento in colpa metto anche in discussione la dignità delle mie scelte, e se io per primo non le difendo, non lo farà di certo un bambino tiranno di sei anni.

4) Ho lavorato molti anni nelle comunità terapeutiche. I tossicodipendenti si dividono in parti uguali tra figli di separati e non. L'unico filo conduttore è il disturbo di relazione, l'incapacità di veicolare parole, emozioni coerenti con i nostri comportamenti. Nessuno mi ha mai detto di essere diventato un dipendente perchè il padre o la madre si erano rifatti un'altra vita.

5) Ognuno si comporta nei nostri confronti come noi gli permettiamo. Inutile lamentarsi di essere uno zerbino. Basta smettere di farlo, lo zerbino. Di permettere a chiunque di crederlo. Fosse anche e soprattutto, un bambino. Un no, non ha mai ammazzato nessuno.

6)Una relazione, qualsiasi, si costruisce in due. A meno che non sia un monologo interiore. Se non c'è corrispondenza, amen, ciccia, pazienza.

7) Se il compagno non capisce, glielo si fa capire. Se si può, se nonon si può cavare sangue da una rapa.

8) Uscire dalla paura che c'impone di dire bene della situazione. Se il figlio del mio compagno è oggettivamente uno stronzo, non è immorale pensarlo. Anzi, constatarlo aiuta anche a prendere le giuste misure educative. Il problema è di chi la stronzaggine la manifesta, e di chi la giustifica. Insomma basta con questo buonismo a prescindere che mi sa di razzismo all'incontrario. Voglio essere libera di dire che un nero è uno stronzo, se quel nero lo è, e allo stesso modo voglio dire che quel ragazzino è oltraggiosamente maleducato e irrispettoso, e che non sono costretta a postergarmi al suo volere per l'immaturità dei suoi genitori.Già poterlo pensare senza sentirsi piccoli pezzettini di carne in decomposizione, fa bene. Mentire non ha fatto bene mai a nessuno.

9) Voi non siete responsabili di nulla: hanno pensato a fare e determinare tutto l'orrore gli ex coniugi. Voi siete semplicemente arrivate e vi hanno messo in mano subito scopa e paletta.

10) E' vero che la situazione è delicata e che la fiducia va conquistata. Ma se dopo una decina d'anni, la famiglia del vostro marito/compagno espone ancora le foto e le bomboniere del suo precedente matrimonio mentre magari voi siete già convolati a nuove nozze e nuove maternità e paternità, fatevene una ragione. Non c'è scritto da nessuna parte che le porte vi si debbano aprire per forza.

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